La mia opinione (controcorrente) sulle divise Alitalia
In questi giorni non si parla d’altro: le nuove divise Alitalia hanno sollevato un vero e proprio polverone.
Ho letto tanti giudizi al veleno, che trovo francamente esagerati e fuori luogo. Ma si sa, fa più notizia una critica che un apprezzamento…
Prima di sparare sentenze però, bisognerebbe considerare la situazione in una chiave più analitica e complessa. Mi spiego meglio.
UNA DIVISA È UNA DIVISA
Ok, se devo giudicare le divise Alitalia come normali abiti, non le trovo particolarmente belle: diciamo che non le indosserei per uscire o per andare a lavoro, ecco.
Ma la funzione di una divisa non è soltanto estetica: deve rispondere a dei codici di abbigliamento che vanno oltre il mero taglio e colore. È il dress code, bellezza.
Tanto per citare alcuni requisiti necessari:
- deve essere seria e professionale
- deve essere riconoscibile e coerente con i valori dell’azienda
- deve essere comoda, per chi conduce un lavoro comunque stancante
- deve vestire donne di età e corpi molto diversi
IL FATTORE CULTURALE
Chi viaggia spesso sa benissimo che alcune compagnie aeree prestano una maniacale attenzione al personale di bordo: selezionano solo ragazze giovani e di bella presenza. Le divise (e persino la parte beauty) sono molto curate, per dare un’immagine piacevole e attraente.
Paragonare le divise Alitalia a quelle di queste compagnie aeree sarebbe ingiusto, perché si tratta perlopiù di società mediorientali ed asiatiche, che hanno storicamente e culturalmente un’idea della donna diversa da quella occidentale.
Non a caso, le compagnie aeree europee e americane prevedono tutte un dress code serio e restrittivo.
È più corretto quindi, confrontare le divise Alitalia con quelle delle altre compagnie di bandiera europee (British Airways, Air France, Lufthansa) e, francamente, trovo che le nostre siano più carine e briose.
I TEMPI CAMBIANO
Un tempo, quando non esisteva il concetto di politically correct, i criteri di selezione per il personale di bordo erano molto chiari: bisognava essere belle, alte, magre e giovani (con tanto di numeri e misure da rispettare).
Di conseguenza, anche le divise erano più ammiccanti e femminili: vestivano donne che erano praticamente delle modelle, senza porsi troppi quesiti etici.

Alitalia 1950 – 2016
Parliamoci chiaro: un abitino attillato e ammiccante, che sta bene solo su una taglia 40, che reazioni avrebbe suscitato al giorno d’oggi? Un putiferio molto peggiore: dalla Boldrini ai sindacati, sarebbe venuta giù l’Italia!
MODELLO E COLORI
Fatte le premesse di cui sopra, credo sia superfluo il mio parere sulla divisa in sé. Ma, visto che non si parla d’altro che delle calze verdi, mi esprimo anche su questo:
- Il modello è effettivamente un po’ castigato, ma lo trovo comunque grazioso per una divisa e facilmente declinabile su diverse fisicità.
- Gli accessori sono molto carini: guanti, cappellino e borsetta danno un tocco lady-like, che si distingue dal look scontato (e anche un po’ sciatto) di altre compagnie europee.
- Le calze. Quale sarebbe l’alternativa, quelle color carne ortopediche che si vedono in giro? No, grazie: preferisco l’audacia del colore, anche se non piace a tutti.
- I colori sono quelli della nostra bandiera. E per questo a me piacciono. Ma purtroppo noi italiani non ci distinguiamo per Amor Patrio…
- Il logo. Una cosa che ho apprezzato, è l’uso discreto del logo. La riconoscibilità viene affidata appunto ai colori e alla scelta degli accessori, senza strafare.

Lo stilista Ettore Bilotta e le divise Alitalia da lui create
Questo è quanto, amici: considerando i punti di cui sopra, per me le divise Alitalia sono promosse.
La mia ovviamente non è una sentenza, è soltanto una delle varie opinioni che leggerete sul web.
Però ci tenevo a dissociarmi dalla bufera e a dare il mio piccolo contributo.
Rossella Migliaccio
Consulente di Immagine